La "fiscalizazione" di un abuso edilizio: cos'è e quando si può applicare

L'esistenza di un abuso edilizio di regola non è “tollerata” dal nostro ordinamento, posto che in linea di principio ogni costruzione realizzata in violazione delle norme di settore non è consentita e quanto edificato deve essere regolarizzato (ove possibile) oppure deve essere oggetto di un provvedimento di demolizione – che è infatti che la sanzione più “drastica” per l’opera realizzata in assenza di valido titolo edilizio ovvero in difformità dal medesimo.
A prescindere infatti dall’intercorsa (o meno) prescrizione agli effetti penalistici di un eventuale reato di abuso edilizio, resta il fatto che il potere pubblico di disporre un ordine di demolizione dell’edificazione abusiva non cade mai in prescrizione: esso infatti può essere comminato, anche a distanza di molti anni, nei confronti dell’attuale proprietario, anche qualora egli abbia acquistato l’immobile oggetto dell’abuso in totale buona fede, cioè senza essere stato lui a commettere personalmente l’abuso.

Per gli interventi eseguiti in difformità solo parziale dal permesso di costruire, o dalla SCIA, è possibile conservare e regolarizzare un abuso edilizio mediante il ricorso alla cosiddetta “fiscalizzazione”, che in estrema sintesi consiste nell’evitare la demolizione corrispondendo una sanzione pecuniaria alternativa. Ciò non è invece possibile per gli immobili costruiti in totale assenza di titolo (oppure con totale difformità o variazioni essenziali), regolati e sanzionati in base all’art. 31 del Testo Unico per l’Edilizia, D.P.R. 380/2001 (di qui innanzi, TUE), che non prevede tale possibilità.
La normativa di riferimento, per la fiscalizzazione, è quella dell’Art. 34, comma 2, del TUE, che ha introdotto la possibilità di comminare una sanzione pecuniaria “alternativa” - rispetto a quella ordinaria che consiste nella demolizione dell’opera abusiva - qualora ci si ritrovi in un caso concreto ove il procedere con la demolizione dell’opera e dell’intervento realizzati in parziale difformità andrebbe a pregiudicare l’edificio nel suo complesso.
In buona sostanza, in questi casi l'esigenza pubblica di “eliminare” un’opera non totalmente conforme viene meno quando la sua demolizione pregiudichi la restante parte, eseguita in conformità, del fabbricato in cui l’abuso edilizio è stato realizzato.

A tal proposito, si precisa che l’Art. 34 D.P.R. 380/2001 prevede che:

  • Gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire debbano essere rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell'abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza dell’ufficio comunale preposto e che, qualora tale termine scada inutilmente, essi debbano essere rimossi o demoliti dal Comune addebitandone le spese a carico del responsabile dell'abuso stesso;
  • quando però la demolizione non possa avvenire se non causando pregiudizio della parte eseguita in conformità alle normative edilizie, allora l'ufficio preposto applica una sanzione pecuniaria in sostituzione della demolizione.

Appaiono pertanto chiari alcuni aspetti e margini operativi della “fiscalizzazione” dell’abuso edilizio:

  • Essa può essere applicata solo se la costruzione “abusiva” sia stata realizzata in parziale difformità rispetto al permesso di costruire rilasciato. Non potrà quindi essere applicata nei casi in cui il permesso non sia mai stato richiesto: in tali ipotesi le uniche soluzioni sono la demolizione oppure una sanatoria (se possibile).
  • Tal rimedio si applica solo se trattasi di abusi “minori”, quando cioè la difformità dell’opera edificata in violazione del permesso sia solo parziale.

Resta quindi il problema, per gli operatori del settore e per i professionisti tecnici, di definire cosa si intenda per “parziale difformità” rispetto al titolo edificatorio e quindi quando nel concreto si realizzi un reale abuso edilizio e, in caso positivo, un abuso “piccolo” e/o “minore”.
A tal proposito, lo scorso anno, è intervenuto apportando rilevanti modifiche al TUE il cd. Decreto Semplificazioni (D.L. 16/7/2020 n. 76), poi convertito con modifiche e integrazioni in legge (L. 11/9/2020 n. 120).
Il D.L. 76/2020 ha infatti in primo luogo aggiunto all’art. 34 del TUE un comma 2 bis, che dispone l’applicabilità di tutto quanto previsto in tema di fiscalizzazione, oltre che agli interventi edilizi eseguiti in difformità dal permesso di costruire, anche a quelli soggetti a Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), che siano stati realizzati in difformità dalla stessa.

Per quanto riguarda il tema tolleranze costruttive, il D.L. 76/2020 , venendo ad incidere proprio nello specifico del concetto di abuso edilizio, ha introdotto nel TUE un art. 34 bis che recita:

  1. Il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo.
  2. Fuori dai casi di cui al comma 1, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (n.d.r. : immobili tutelati - vincolo culturale e paesaggistico), costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l'agibilità dell'immobile.
  3. Le tolleranze esecutive di cui ai commi 1 e 2 realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell'attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.

Qualora le opere e gli interventi realizzati eccedano tali tolleranze costruttive, allora si configura l’abuso edilizio, ma l’opera può rientrare comunque fra le ipotesi di “parziale difformità” ed essere passibile quindi di “fiscalizzazione”, se le difformità incidano solo su elementi particolari e non essenziali della costruzione e riguardino divergenze che, per qualità e/o per quantità, non vadano ad incidere sulle strutture essenziali dell’edificazione. È in ogni caso sempre importante e fondamentale sottoporre la questione a tecnico abilitato, anche al fine di acquisirne la dichiarazione asseverata di attestazione di stato legittimo dell’immobile, quale introdotta dalla nuova norma di legge sopra richiamata.

Per quanto riguarda poi l’entità della sanzione ai fini della fiscalizzazione, è previsto che il competente ufficio comunale proceda ad applicare e liquidare una sanzione pecuniaria commisurata al doppio del costo di produzione della parte difforme, se ad uso residenziale e pari invece al doppio del valore venale delle opere abusive per gli immobili ad uso diverso.

In ultimo, è opportuno segnalare che di recente in materia di “fiscalizzazione” degli abusi edilizi è intervenuta la Corte di Cassazione (Cass. Pen. Sentenza n.1443/2020), statuendo come tale possibilità non sia applicabile ad opere abusive realizzate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. La S.C. ha sostanzialmente riconosciuto che qualsiasi tipo di intervento realizzato in tali zone in difformità anche solo parziale rispetto al titolo edificatorio sia da considerarsi comunque di carattere essenziale e costituisca pertanto una difformità assoluta, su cui non è applicabile tale rimedio conservativo.